Dopo “meno tasse per tutti”, dopo “più lavoro per tutti”, dopo “più salute per tutti” sbarca nell’immaginario collettivo lo slogan “tasse uguali per tutti”.
Si commentano allora in TV le differenze di tassazione tra liberi professionisti e lavoratori dipendenti.
Si vedono sui social iperboli accalorate sulla necessità di una tassazione uguale tra le due realtà lavorative.
Mettiamo un punto fisso: le grandi realtà, quelle che fatturano centinaia di migliaia di euro, milioni di euro, devono pagare tasse proporzionate, ed è questo il calcolo che ci si aspetta da un governo equanime.
Mettiamo un altro punto fisso: i guadagni in nero devono essere eliminati, e qui discutiamo sia dei liberi professionisti con clienti che preferiscono non pagare l’Iva, sia dei lavoratori dipendenti, quando fanno qualche lavoretto extra o percepiscono qualche mazzetta, se hanno posizioni lavorative che glielo permettono.
Fissati questi due punti cruciali, parliamo dei lavoratori dipendenti onesti e degli onesti liberi professionisti.
I liberi professionisti con un piccolo studio tecnico, il più delle volte da soli a essere il commerciale, il marketing, l’amministrativo e il tecnico.
Nelle doverose considerazioni sulla tassazione equa teniamo presente i seguenti nodi.
Il lavoratore dipendente può mettersi in malattia e percepire lo stesso lo stipendio.
Il professionista non può permettersi di ammalarsi, o di rompersi una gamba a calcetto, perché ogni ora che non lavora è un mancato guadagno e un cliente che si perde.
Il lavoratore dipendente una volta uscito dall’ufficio o dal posto di lavoro si mette il lavoro alle spalle: la sua paura è quella di poter essere licenziato.
Il professionista lavora h24, e quando dorme ha il pensiero del lavoro ancora da completare, da prendere, come acquisire clienti, quali servizi offrire. E tutto da solo, con alle spalle solo sé stesso.
Il lavoratore dipendente ha la tredicesima, e se gli va bene anche la quattordicesima e oltre.
Il libero professionista ha solo le sue fatture, con picchi positivi e picchi negativi nel corso dell’anno: ad agosto e a dicembre il più delle volte non guadagna niente.
Il lavoratore dipendente ha dietro di sé l’azienda, l’impresa, l’ente in cui lavora, lo stato se è uno statale, a qualunque livello: le sue responsabilità sono limitate, a meno che non commetta un reato provato, corruzione, concussione, abuso d’ufficio per dirne alcuni eclatanti.
Il libero professionista ha la responsabilità personale, civile o penale, ogni volta che mette una firma e un timbro.
L’agenzia delle entrate, il Comune, il Catasto, il Genio Civile, non vanno dal lavoratore dipendente a richiedere giustificazioni di un atto, ma vanno dal professionista dopo anni a richiedere prove documentali che il professionista è tenuto a conservare sperando che il proprio archivio non vada perso, bruciato, allagato, e il proprio computer, per l’eternità, non subisca danni.
Il libero professionista per poter lavorare deve avere obbligatoriamente una propria assicurazione professionale, che paga profumatamente.
Il lavoratore dipendente non ne ha bisogno, se non le assicurazioni stipulate per propria scelta, come quella sulla vita o per un fondo pensionistico supplementare.
Il libero professionista ha l’obbligo di aggiornarsi con corsi di formazione continua, tutti gli anni, per ottenere i crediti formativi obbligatori, pena la decadenza del proprio diritto di esercitare la professione.
Il lavoratore dipendente, semplicemente, no.
Il lavoratore dipendente va in vacanza e si porta il proprio telefonino per divertirsi, e raramente è richiamato in azienda, se non per massime urgenze.
Il libero professionista si deve portare il telefono e il computer per ogni evenienza, perché non rispondere a un cliente può significare perderlo.
Quanto vale allora la libertà di lavorare solo 8 ore, o magari arrotondare con qualche ora di straordinario, e poi sentirsi libero fino all’indomani?
Ecco, il professionista questa libertà non ce l’ha.
Semplicemente, facciamo i conti, con qualche considerazione oggettiva, e diamo un peso a queste differenze.
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