Dal primo ottobre entra in vigore una nuova misura per la sicurezza nei cantieri: la patente a punti per imprese e lavoratori autonomi. Questo sistema nasce con l’obiettivo di incentivare un comportamento più responsabile e sicuro nei luoghi di lavoro, introducendo sanzioni se non si rispettano le norme di sicurezza.
L’introduzione della patente a punti è un altro, ennesimo, passo importante, ma è solo una parte del quadro più ampio della prevenzione degli incidenti sul lavoro.
La domanda si inoltra all’Ispettorato del Lavoro: bisogna dichiarare di essere iscritti alla camera di commercio, di essere in regola con gli obblighi formativi, con gli obblighi contributivi e fiscali, con la nomina del RSPP e con la redazione del documento di valutazione dei rischi.
Non credo che una ulteriore norma deterrente come questa fosse necessaria, perché già le imprese hanno l’obbligo di lavorare secondo le regole imposte dal D. Lgs 81/08. L’introduzione della patente a punti è solo un ricordare e riassumere alcuni punti già obbligatori.
È come se fosse emanata una legge per imporre agli automobilisti di avere l’auto con le revisioni in regola, allacciarsi la cintura, fermarsi sulle strisce pedonali e rispettare i limiti di velocità: cioè un breve riassunto del codice della strada magari confezionato con ChatGPT da qualche solerte e esagitato funzionario ministeriale in carriera.
Ciò che realmente fa la differenza in cantiere è la formazione e l’addestramento: non si tratta semplicemente di possedere un documento, una relazione ben fatta, un furgone pieno di attrezzature marcate CE e dispositivi di protezione, comunque necessari, ma di avere una reale consapevolezza di come comportarsi, di come prevenire i rischi e di come affrontare le situazioni critiche in maniera competente.
La patente a punti può fungere da ulteriore deterrente per i comportamenti negligenti e da premio di virtuosità per le imprese che già hanno i documenti in ordine, compresi DVR e POS, ma senza una solida base di conoscenze e competenze, rischia di diventare solo un’ulteriore burocrazia.
Lavorare in cantiere non significa solo eseguire compiti fisici, ma richiede una profonda comprensione dei rischi e delle procedure corrette, si, quelle giuste, quelle che ti fanno tornare a casa la sera. La sicurezza parte dalla capacità di sapere cosa si sta facendo e come farlo nel modo giusto. È qui che la formazione e la pratica cosciente, la pratica responsabile, entra in gioco come fattore determinante.
Prima di compiere qualsiasi azione, i lavoratori devono essere addestrati! Questo significa avere piena coscienza dei pericoli che il cantiere, anche il più organizzato di tutti, inevitabilmente presenta, conoscere le tecniche adeguate a svolgere le proprie mansioni, comprendere l’importanza dei DPI. Ogni azione in cantiere deve essere intrapresa con attenzione e cura, perché anche un piccolo errore può avere conseguenze gravi: e poi si salta sulla sedia appena il telegiornale o la stampa annunciano l’ennesimo incidente grave, o mortale, e scatta un misto di paura e voglia di diventare tutt’a un tratto ligi e morigerati, almeno per qualche giorno, magari perché si ha un cantiere in essere.
Quei maledetti e benedetti DPI! Spesso sottovalutati, odiati, abbandonati sui chiodi di una parete, lasciati sulla sedia nella baracca di cantiere o in bella vista appesi su un tubo del ponteggio. Questi dispositivi sono essenziali per prevenire infortuni e garantire la protezione del lavoratore, ma sono visti ancora come un ingombro, un fagotto in più, un fastidio inutile: “tanto cosa mai mi può succedere?”. Ma per essere realmente efficaci devono essere usati in maniera appropriata, e la formazione deve trasmettere il messaggio non solo sull’uso dei DPI, ma anche sul conoscere i momenti in cui essi sono necessari e come verificarne le condizioni.
Un lavoratore formato è un lavoratore consapevole. Si, è vero: indossare un casco, occhiali protettivi o e scarpe antinfortunistiche significa rispettare le regole. Quello che è più importante, però, è che è un tassello per salvaguardare la propria salute e quella dei colleghi.
Essere competenti in cantiere: usare attrezzature e rispettare le norme, è vero, ma spostiamo il nostro obiettivo sulla capacità di capire quando si è effettivamente in grado di eseguire un lavoro. Tanti, ma proprio tanti incidenti sul lavoro sono causati perché si accettano mansioni per le quali non si è adeguatamente preparati, e a volte non si è stati neanche assunti per farlo.
Formarsi prima di agire è una regola d’oro: sapere cosa si sta facendo, capire come farlo correttamente e avere la capacità di riconoscere i propri limiti.
Ecco, magari invece di altre norme inutili è bene pensare a una informazione regolare e incessante, anche sui media, che alleni tutti alla cultura della sicurezza.
Il nostro mondo ci ha costretto a pensare che l’efficienza e la rapidità sono diventate ineluttabilmente prioritarie: e noi usiamo la testa, la nostra testa, svegliamoci dal torpore dei falsi ideali, delle utopie meravigliose, e rimettiamo a terra il nostro corpo, soprattutto il cervello: la sicurezza deve restare al primo posto.
I lavoratori hanno il diritto e il dovere di acquisire le competenze necessarie, direi ovvie, per svolgere il loro lavoro in modo sicuro ed efficiente. Non basta solo rispettare la normativa, quello è solo una parte: occorre sviluppare questa cultura, che poi non riguarda solo i cantieri, per ricordarsi sempre che ogni azione deve essere guidata dalla consapevolezza dei rischi e dalla capacità di evitarli.
La patente a punti nei cantieri è uno strumento, secondo i legislatori, utile per promuovere la sicurezza e scoraggiare comportamenti irresponsabili. Ma senza la giusta formazione e una forte, cosciente attenzione alla competenza dei lavoratori, rischia di essere solo un’altra regola da seguire. La vera sicurezza nasce dall’educazione, dall’attenzione ai dettagli, e dall’impegno costante a imparare e migliorare. Prima di fare, occorre capire: perché in cantiere, ogni azione conta e la prevenzione è la chiave per evitare gli incidenti.
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