Mettiamoci il cappotto!

Ma quanti ne abbiamo installati? E quanti ne installeremo nel prossimo futuro? L’efficienza energetica degli edifici è una preoccupazione sempre più centrale nella progettazione e nella gestione delle costruzioni. Tra le strategie adottate per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, l’utilizzo di cappotti termici, cioè la coibentazione di pareti, tetti e solai, riveste un ruolo chiave. Però dobbiamo curarli: la conservazione di tali sistemi nel tempo richiede un impegno costante nella manutenzione, il risanamento tempestivo in caso di problemi e, talvolta, la necessità di rinnovare cappotti termici esistenti.

Soprattutto, la manutenzione regolare del cappotto termico è fondamentale per preservarne il rendimento nel tempo: gli elementi esterni come l’inquinamento atmosferico, le intemperie e l’usura naturale possono compromettere l’integrità del rivestimento. Un programma di manutenzione ben strutturato include ispezioni periodiche, pulizia e la riparazione tempestiva di eventuali danni.

Prima di intraprendere qualsiasi intervento, dobbiamo condurre un’analisi approfondita dello stato attuale del cappotto termico, una valutazione che consideri la qualità dei materiali utilizzati, l’efficacia dell’isolamento e la presenza di eventuali danni, visibili o invisibili. Solo attraverso un’analisi dettagliata è possibile identificare le aree che richiedono attenzione e intervento.

La termografia a infrarossi rende possibile vedere al di là della superficie delle pareti e dei tetti, consentendo analisi e verifiche non invasive: con la termografia, è come avere una “visione termica” che ci permette di rilevare le differenze di temperatura invisibili a occhio nudo. Questo strumento sorprendente trova applicazioni innumerevoli in campo edilizio e impiantistico: La termografia è come uno scanner termico che cattura le immagini termiche, rivelando dove ci sono perdite e punti critici.

Le problematiche che possono affliggere i cappotti termici sono diverse e possono derivare da molteplici fattori. Le infiltrazioni d’acqua, la formazione di muffe, l’usura dei materiali e la perdita di isolamento termico sono solo alcuni esempi. Comprendere le cause di queste problematiche è essenziale per definire soluzioni mirate e durature.

Anche la non corretta installazione della coibentazione, problema sentito specialmente con l’utilizzo di manodopera non qualificata e formata, è una delle principali cause di deterioramenti e inconvenienti collaterali, con conseguente imperfetta adesione alle pareti e distacchi spesso pericolosi anche per l’incolumità delle persone: pensiamo solo al distacco di un cappotto termico da un palazzo di sette piani cosa può comportare cadendo a terra sui passanti!

Per affrontare efficacemente le problematiche riscontrate, è necessario adottare soluzioni mirate. La riparazione delle crepe, la sostituzione delle porzioni danneggiate e l’applicazione di nuovi strati di rivestimento termico sono parte integrante del processo di risanamento: l’uso di materiali di alta qualità e tecnologie avanzate, installati a regola d’arte, contribuisce a migliorare l’efficienza complessiva e la sicurezza del sistema.

In certi casi, soprattutto quando i cappotti termici sono obsoleti o non rispondono più alle esigenze energetiche, è addirittura necessario considerare il loro completo rinnovo: questo processo implica la sostituzione totale del rivestimento termico, assicurando l’installazione di materiali nuovi, moderni ed efficienti.

Investire nella cura e nella revisione degli isolamenti a cappotto non solo prolungherà la vita utile degli edifici, ma contribuirà anche a ridurre l’impatto ambientale attraverso una maggiore efficienza energetica.

#energia #città #tecnologia #impianti #edifici #ambiente #cappotto #termografia #manutenzione

info@ingegneriaesicurezza.com

Parti, controlla, fermati!

Si, si, usiamo attrezzature in fabbrica, nelle linee di produzione, azioniamo e fermiamo le macchine, Ma chi ci dice come devono essere progettati i sistemi di controllo e regolazione? Certamente l’efficacia delle manovre deriva da una progettazione orientata a ottimizzare tempi e spazi delle operazioni, ma l’aspetto sicurezza sul lavoro è ciò che indica le funzioni imprescindibili da prevedere per l’immissione sul mercato di un macchinario.

E sempre il D.Lgs. 81/08, all’Allegato V, individua proprio i requisiti che devono avere i dispositivi di comando delle attrezzature di lavoro.

I sistemi di comando rivestono un ruolo cruciale nella sicurezza sul luogo di lavoro: affinché questi sistemi svolgano il loro compito nel migliore dei modi, e sottolineo migliore, è essenziale considerare una serie di prescrizioni pratiche volte a garantire il corretto funzionamento e la protezione di operatori e persone esposte.

La scelta dei sistemi di comando deve basarsi su criteri di affidabilità, considerando i possibili guasti, disturbi e sollecitazioni previste durante l’uso progettato dell’attrezzatura. La sicurezza è un elemento chiave in questa selezione, e i dispositivi di comando devono essere conformi a standard che la devono garantire.

I comandi che influiscono sulla sicurezza devono essere chiaramente visibili, facilmente individuabili e contraddistinti in modo appropriato: questo non solo facilita l’operatività, ma contribuisce anche a un rapido riconoscimento in situazioni di emergenza.

Devono essere posizionati al di fuori delle zone pericolose, ma se alcuni dispositivi devono essere localizzati proprio in queste aree, come ad esempio gli arresti di emergenza, devono essere piazzati in modo che la loro manovra non causi rischi aggiuntivi. L’obiettivo è evitare rischi conseguenti a manovre accidentali.

Dall’area di comando principale, l’operatore deve essere in grado di accertare l’assenza di persone nelle zone pericolose, e se ciò non è possibile, qualsiasi attivazione dell’attrezzatura deve essere preceduta da segnali d’avvertimento sonori o visivi. Questo offre alle persone esposte il tempo necessario per allontanarsi prontamente da eventuali rischi causati dall’attivazione o dall’arresto dell’attrezzatura.

È necessario che i dispositivi di comando possano essere bloccati, se necessario, per evitare azionamenti intempestivi o involontari: questo aspetto è fondamentale per garantire che le attrezzature sia manovrata solo quando necessario e da personale autorizzato.

I motori che possono funzionare a diverse velocità devono essere dotati di regolatori automatici che impediscono di superare i limiti previsti: questi regolatori devono, a loro volta, essere muniti di dispositivi di segnalazione del loro corretto funzionamento. In situazioni in cui una procedura scorretta dell’azionamento può causare pericoli, è fondamentale fornire protezioni che garantiscano la corretta sequenza.

L’avviamento di un’attrezzatura deve avvenire soltanto attraverso un’azione volontaria su un organo di comando dedicato: questa disposizione mira a garantire che l’avviamento sia deliberato e controllato, riducendo al minimo il rischio di attivazioni fortuite o non autorizzate.

Dopo un arresto, indipendentemente dalla sua origine, la rimessa in moto deve seguire una procedura sicura e controllata: sottolineiamo che anche in questo caso l’azione volontaria su un organo di comando è fondamentale per garantire che la riattivazione avvenga in modo controllato. Questo aspetto è cruciale per evitare situazioni pericolose e garantire la sicurezza di chi opera nelle vicinanze dell’attrezzatura.

Il comando di modifiche rilevanti alle condizioni di funzionamento, come variazioni di velocità o pressione, deve avvenire attraverso azioni volontarie, a meno che tali modifiche non comportino rischi per i lavoratori esposti: il controllo di queste modifiche deve avvenire in modo consapevole e controllato, riducendo al minimo il rischio di incidenti.

Questa disposizione non si applica quando la rimessa in moto o la modifica delle condizioni di funzionamento risultano dalla normale sequenza di un ciclo automatico: infatti, in questo contesto, la sicurezza è integrata nel programma di funzionamento, assicurando che le fasi del ciclo siano eseguite senza rischi per gli operatori.

Ogni attrezzatura di lavoro deve essere equipaggiata con un dispositivo di comando dedicato all’arresto generale in condizioni di sicurezza: questo requisito fondamentale garantisce che, in caso di emergenza o rischio imminente, l’intera attrezzatura possa essere fermata istantaneamente, proteggendo così la sicurezza degli operatori e di chiunque si trovi nelle vicinanze.

Ogni postazione di lavoro deve essere dotata di un dispositivo di comando che consente di arrestare, in funzione dei rischi specifici presenti, l’intera attrezzatura o solo una parte di essa: questa personalizzazione è fondamentale per affrontare situazioni in cui è necessario disattivare solo determinate componenti dell’attrezzatura, mantenendo il resto in funzione in modo sicuro.

L’ordine di arresto dell’attrezzatura deve essere prioritario rispetto agli ordini di messa in moto: questa gerarchia assicura che, in situazioni di emergenza, l’arresto immediato sia sempre possibile, riducendo al minimo il rischio di incidenti e danni. Ottenuto l’arresto dell’attrezzatura o dei suoi elementi pericolosi, l’alimentazione degli azionatori deve essere interrotta, completando così il processo di sicurezza.

Ricordiamoci sempre che adottare pratiche di conduzione responsabile nell’avviamento, arresto e controllo delle attrezzature di lavoro è un must per garantire un ambiente di lavoro sicuro: la sicurezza nei sistemi di comando non è solo una necessità normativa, ma un elemento chiave per la gestione responsabile delle attrezzature di lavoro.

La conformità alle linee guida pratiche che la normativa ci indica non solo riduce i rischi associati alle operazioni, ma dimostra soprattutto un impegno verso il mantenimento della sicurezza nei luoghi in cui lavoriamo, per tutti gli operatori e le persone coinvolte. La sicurezza prima di tutto.

 

#formazione #sicurezzasullavoro #incidenti #addestramento #accordostatoregioni #rischio #lavoro

info@ingegneriaesicurezza.com

Attento che scoppia!

Non ce ne accorgiamo sempre, ma il testo unico sulla sicurezza sul lavoro, l’amato e odiato D.Lgs. 81/08, nel suo identificare gli aspetti gestionali e di analisi del mondo dei rischi, prende in considerazione la quasi totalità degli aspetti legati al mondo degli ambienti di lavoro, di ogni tipo, e ne indica i requisiti essenziali, che diventano obblighi imperativi.

La protezione contro esplosioni, incendi, gas asfissianti o tossici e radiazioni nocive è uno degli aspetti che viene regolato dall’Allegato IV del testo unico, per le operazioni industriali che possono comportare questa serie di rischi significativi. Affrontare tali rischi richiede una gestione attenta e la creazione di ambienti sicuri. In questo contesto, focalizzandosi sulla necessità di isolare adeguatamente le operazioni a rischio per garantire la sicurezza degli operatori, il paragrafo 2.1.7 dell’allegato suindicato sottolinea l’importanza di condurre attività potenzialmente pericolose in locali o luoghi adeguatamente isolati. Questa misura di isolamento serve come barriera efficace contro gli elementi nocivi, fornendo una difesa cruciale contro la propagazione di esplosioni, incendi e sostanze tossiche.

L’isolamento degli ambienti in cui vengono svolte operazioni a rischio di esplosioni e incendi è essenziale per prevenire conseguenze catastrofiche. Le strutture dovrebbero essere progettate e costruite con materiali resistenti al fuoco e dotate di sistemi di ventilazione che possano gestire la dispersione di gas potenzialmente infiammabili.

La gestione di operazioni che coinvolgono gas asfissianti o tossici richiede un’attenzione particolare. L’isolamento dei luoghi di lavoro è fondamentale per evitare la diffusione di sostanze dannose nell’ambiente circostante. Sistemi di ventilazione avanzati e dispositivi di rilevamento devono essere implementati per garantire una risposta tempestiva in caso di emergenza.

Nei casi in cui le operazioni comportano il rischio di irradiazioni nocive, l’isolamento delle aree coinvolte è essenziale per proteggere gli operatori e limitare l’esposizione a radiazioni dannose. Materiali schermanti e strutture progettate per minimizzare la trasmissione di radiazioni sono componenti vitali in tali ambienti.

Per tradurre questi principi in azioni concrete, è necessario un approccio integrato che include innanzitutto dei punti fondamentali:

Valutazione del rischio: una valutazione dettagliata dei rischi associati a ciascuna operazione, identificando le minacce specifiche e i potenziali punti di vulnerabilità.

Progettazione sicura: è il design for safety, un approccio basato sull’ingegneria delle strutture e delle attrezzature in modo che siano intrinsecamente sicure e dotate di misure di emergenza.

Formazione e consapevolezza: garantire che gli operatori siano pienamente consapevoli dei rischi associati alle loro attività e siano formati per rispondere in modo appropriato in situazioni di emergenza.

Manutenzione preventiva: monitoraggio costante delle strutture e delle attrezzature per prevenire malfunzionamenti che potrebbero aumentare il rischio di incidenti.

L’isolamento adeguato delle operazioni a rischio è fondamentale per garantire un ambiente di lavoro sicuro. La conformità al paragrafo 2.1.7 rappresenta un impegno tangibile verso la protezione degli operatori e la prevenzione di incidenti gravi. La gestione sicura delle operazioni richiede un criterio pratico e razionale, che integri valutazioni dettagliate, progettazione intelligente e formazione continua per mantenere un ambiente lavorativo sicuro e protetto.

#formazione #sicurezzasullavoro #incidenti #addestramento #accordostatoregioni #rischio #lavoro

info@ingegneriaesicurezza.com

Stop alle compravendite immobiliari

Ma cosa sta succedendo? Le leggi e i regolamenti che riguardano l’efficienza energetica degli edifici sono diventati un terreno minato di complicazioni e difficoltà per i cittadini, gli imprenditori e persino i professionisti del settore.

In particolare, le verifiche dell’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) relative agli Attestati di Prestazione Energetica (APE) hanno sollevato una serie di problematiche che richiedono una profonda riflessione e, possibilmente, una riforma urgente.

Il pericolo immediato è che in Italia si blocchino le compravendite per la impossibilità di redigere l’APE, documento indispensabile in sede di transazione degli immobili.

Ma di cosa sto parlando?

Partiamo dalla considerazione che la redazione di queste relazioni tecniche, ormai obbligatoria da più di dieci anni per le compravendite e per le locazioni di immobili, prevede l’utilizzo di software sofisticati e molto performanti: i dati di ingresso sono quelli digitati dai tecnici che eseguono i sopralluoghi negli immobili, e spesso sono inseriti nel software in maniera forfettaria, non potendo eseguire rilievi invasivi e non trovando disponibili, tra gli altri, schede tecniche complete degli impianti e degli infissi installati. Le stesse stratigrafie di pareti, soffitti e pavimenti viene decisa dal tecnico in dipendenza dalla propria esperienza e conoscenza della tipologia costruttiva. Cioè, l’APE non ha e non può avere, se non per le nuove costruzioni, un valore univoco e scientificamente valido.

E allora, quando diciamo superficialmente che gli immobili in Italia sono tutti in classe G o F, ci siamo mai chiesti quanto sono verosimili i calcoli effettuati dai tecnici di tutta Italia?

Fino a oggi l’APE è stato redatto, con la massima diligenza, lealtà, correttezza e perizia possibili e necessarie, ma con dati appena sufficienti, con costi estremamente ridotti, il che spiega e giustifica la debolezza dei risultati: non è certo un segreto che on line ci sono società di servizi che fanno l’APE a 50 Euro a fronte dell’invio di visura, planimetria catastale e solo qualche altro dato tecnico.

L’ARPA richiede invece, oggi, in sede di controllo, una grande quantità di documentazione per verificare l’accuratezza nel rilascio di un APE e la sua congruenza con lo stato di fatto dell’immobile.

Per un immobile commerciale sono richiesti 31 documenti, mentre per un residenziale se ne richiedono 13. Tra questi documenti figurano, oltre al verbale di sopralluogo obbligatorio, le verifiche di messa a terra, i rilievi plano altimetrici dell’immobile, con piante, sezioni e prospetti, le dichiarazioni di conformità degli impianti, i libretti di impianto completi di tutti gli impianti presenti, in particolare climatizzazione invernale, estiva, acqua calda sanitaria, illuminazione, le targhette degli impianti, la documentazione fotografica esterna e interna dell’edificio, con i principali elementi energicamente rilevanti del sistema dell’edificio impianto, cioè tipologia costruttiva dei tamponamenti opachi, serramenti, sistemi di emissione, sistemi di regolazione, generatore di calore, l’abaco delle stratigrafie con dati energetici e con particolari costruttivi, fotografie di dettaglio, schede materiali, l’abaco serramenti con dati energetici, schede tecniche, certificazioni ed elaborato con il loro esatto posizionamento plano-altimetrico, l’abaco dei ponti termici.

Allora l’APE diventa un problema serio e tangibile non tanto per il rilievo e per i calcoli energetici, quanto quando consideriamo la difficoltà di ottenere i documenti: la maggior parte delle abitazioni e degli esercizi commerciali in Italia non li ha a disposizione, il che rende praticamente impossibile redigere un APE in maniera giustamente, e sottolineo giustamente, accurata.

Le conseguenze di questa situazione sono molteplici e gravose.

In primo luogo, chiunque sia incaricato di emettere un APE rischia multe significative, a partire da 1.400 euro, ma rimangono comunque una spesa ingiustificata per chi è impegnato a seguire le procedure con onestà.

In secondo luogo, questa procedura mette in pericolo il mercato immobiliare, sia per le abitazioni che per gli esercizi commerciali, causando ritardi nelle compravendite e impattando negativamente sull’economia: i tecnici si devono rifiutare dell’incarico di eseguire i calcoli per l’APE in caso di mancanza di documentazione da parte del proprietario.

E che dire poi della fretta troppo spesso endemica degli attori coinvolti in una compravendita?

Alzi la mano chi non ha mai ricevuto una telefonata dall’agenzia immobiliare, dal Notaio o dal proprietario che, già seduti sul tavolo della compravendita, con la penna per le firme sull’atto, non avevano l’APE!

È evidente che qualcosa deve cambiare: dovremmo considerare l’idea di trasformare gli APE in una pratica più seria, simile a una pratica edilizia completa: questo significherebbe includere una serie di analisi più dettagliate, come carotaggi per il rilievo delle stratigrafie esatte di pareti, soffitti e pavimenti, oltre a caratteristiche dimensionali ed energetiche vere degli infissi e degli impianti, con l’utilizzo di termocamere a infrarossi per l’ispezione dei ponti termici.

Un APE di questa complessità giustifica un costo maggiore di quello attuale, tanto maggiore, ma sarebbe più equo nei confronti di tutti gli attori coinvolti: invece dei pochi euro attuali l’APE dovrebbe allora costare almeno 1500 euro, così da coprire almeno le multe dell’ARPA (comminate addirittura sul 95% dei controlli effettuati! come sottolineato anche dall’Ordine degli Architetti di Roma a giugno 2023) e da elaborare solo e soltanto in presenza di tutta la documentazione tecnica richiesta dalle verifiche dell’ARPA.

E se qualcuno dei documenti richiesti non è presente… l’APE non si fa e la casa non si può vendere: e quindi sarà inutile la frase che i Notai possono ancora inserire nell’atto attestando l’assenza della dichiarazione di conformità degli impianti: come si sposa questa prassi con i documenti richiesti dall’ARPA e le conseguenti sanzioni al tecnico certificatore energetico?

E allora rendiamo anche obbligatorio allegare la documentazione richiesta, già dal momento della protocollazione dell’APE in Regione: così rendiamo il processo delle verifiche ARPA più veloce, immediato, trasparente ed efficiente fin dall’inizio, nell’interesse di tutte le parti coinvolte, i cittadini, i tecnici e le autorità di regolamentazione.

#casa #compravendite #immobiliare #agenzieimmobiliari #ape #arpa #mercatoimmobiliare #venditaimmobili #affittoimmobili #soldi #condominio

info@ingegneriaesicurezza.com

La mia è intelligente!

Non è il futuro prossimo, non è tra qualche decennio, non è solo visto in un film di fantascienza: è oggi, è tra noi, tutti i giorni. Siamo nell’era della casa intelligente! E già domani ci sarà una nuova app, una nuova tecnologia, un nuovo device per trasformarci il modo di vivere la nostra quotidianità.

Oggi ci immergeremo nel meraviglioso mondo della domotica, dove la tecnologia incontra il comfort e la comodità nella nostra vita in casa: preparatevi a scoprire come trasformare la vostra casa in un luogo smart e connesso!

La domotica, o automazione domestica, ha rivoluzionato, e continua a farlo, la nostra esperienza in casa: grazie a dispositivi intelligenti, è possibile controllare luci, termostati, telecamere di sicurezza, tende e tapparelle, interruttori e molto altro, il tutto con un semplice tocco su uno smartphone o un comando vocale.

Dietro tutto ciò c’è una potente programmazione software, con algoritmi dedicati al controllo e alla regolazione, secondo quanto la tecnologia ci permette e la nostra fantasia richiede.

Immaginiamo di poter regolare la temperatura della nostra casa prima di tornare dal lavoro, accendere e spegnere le luci da qualsiasi parte del mondo, o persino ricevere notifiche in tempo reale sulla sicurezza della nostra abitazione: beh, la domotica ci offre il potere di personalizzare il nostro ambiente in base alle nostre esigenze.

Si, è vero, fino a ieri eravamo abituati a termostati programmabili, a sensori di presenza, a telecamere di sorveglianza, a tapparelle elettriche, a interruttori con potenziometri per regolare l’intensità luminosa delle lampade: ma, a parte che era un privilegio di pochi, oggi siamo andati oltre, tanto oltre, e, soprattutto, questa tecnologia è semplice da installare e abbordabile economicamente per tutti.

Quindi, prepariamoci a vivere una vita più comoda, sicura ed efficiente grazie alla domotica, perché è il momento perfetto per esplorare come rendere la nostra casa più intelligente e connessa, direi viva: la rivoluzione tecnologica è a portata di mano, e il prossimo futuro dell’automazione domestica è davvero eccitante.

Il potere del controllo: grazie alla domotica, abbiamo il controllo completo della nostra casa letteralmente tra le dita. Con un semplice tocco sul nostro smartphone o tramite comandi vocali, possiamo regolare le luci, il riscaldamento, l’aria condizionata e persino la sicurezza della nostra abitazione. È come avere un assistente personale pronto ad esaudire ogni nostro desiderio! L’integrazione con assistenti vocali come Alexa o Google Home ci permette anche di controllare la nostra casa con la semplice parola.

Risparmio energetico: la domotica è un alleato prezioso per il risparmio energetico. Grazie alla programmazione intelligente, possiamo ottimizzare l’uso delle risorse, riducendo i consumi energetici e contribuendo alla sostenibilità ambientale. Ad esempio, possiamo impostare l’accensione e lo spegnimento automatico delle luci in base al nostro programma giornaliero, o regolare la temperatura in base alle nostre preferenze.

La domotica ci consente di monitorare e gestire il consumo energetico in tempo reale, aiutandoci a identificare le aree in cui possiamo fare ulteriori risparmi. Il risultato di tutto questo? Un minore impatto ambientale e un risparmio significativo sulle bollette.

Scegliere la domotica non è solo un passo verso un futuro più intelligente, ma anche verso un pianeta più verde. Una casa intelligente è anche una casa responsabile dal punto di vista ambientale, contribuendo alla conservazione e all’utilizzo razionale delle risorse energetiche.

Sicurezza a portata di mano: la domotica offre soluzioni avanzate per la sicurezza domestica. Possiamo controllare telecamere di sorveglianza, sensori di movimento e sistemi di allarme direttamente dal nostro smartphone, ovunque ci troviamo. Riceviamo notifiche in tempo reale in caso di eventi sospetti, garantendo tranquillità e protezione per noi e la nostra famiglia.

La nostra casa diventa più sicura e controllabile che mai, sia che siamo al lavoro, in vacanza o semplicemente a pochi passi di distanza, possiamo monitorare costantemente l’ambiente domestico.

La domotica ci dà gli strumenti per garantirci una certa tranquillità e un senso di protezione in casa: con la tecnologia al nostro servizio, possiamo riposare sapendo che è monitorata e protetta 24 ore su 24. Poi, qualcuno può sempre tentare di entrare e di commettere atti illeciti, ma come minimo gli abbiamo reso la vita difficile, molto difficile.

Personalizzazione e comfort: la domotica si adatta alle nostre preferenze personali. Possiamo creare scenari preimpostati per diverse situazioni, come “Home Cinema” per una serata di film o “Risveglio” per iniziare la giornata in modo piacevole. Le nostre impostazioni personalizzate rendono la nostra casa un luogo ancora più accogliente e confortevole.

Immaginiamo di poter configurare la casa, esattamente come la desideriamo, con un semplice tocco: regoliamo le luci, le tende, la temperatura e persino la musica in base al nostro umore e quello che ci viene in mente di fare. Voglio creare un’atmosfera romantica per una cena a due? Basta selezionare il mio scenario “Cena romantica”. Voglio un’illuminazione vivace per una serata di festa? Il mio scenario “Festa” farà il trucco all’ambiente.

La tecnologia si fonde con la vita quotidiana, offrendo un livello di comfort e di funzionalità che non avremmo mai immaginato, e in maniera davvero semplice.

La domotica mette il potere nelle nostre mani, offrendo un’esperienza personalizzata che si adegua alle nostre pretese e al nostro stile di vita. La comodità e la tranquillità sono a portata di mano, grazie a un sistema che è veramente al nostro servizio.

La domotica è una rivoluzione che ci permette di sfruttare al massimo il potenziale della tecnologia nella nostra casa, trasformando il nostro spazio in un luogo intelligente e connesso, dove il comfort, la sicurezza e il risparmio energetico ci seguono come cagnolini fedeli. Ma siamo pronti a vivere nel futuro? Dobbiamo farlo, perché è già il nostro presente.

#Domotica #CasaIntelligente #TecnologiaInCasa #ComfortConnesso #VivereIlFuturo

info@ingegneriaesicurezza.com

Accendi quella vetrina!

Camminiamo sui nostri marciapiedi e ci imbattiamo in vetrine affascinanti di negozi, caffè invoglianti, parrucchieri super moderni e freschi, e poi invece…

Già, nel mondo competitivo delle agenzie immobiliari il rapporto tra l’agente e la vetrina è un aspetto spesso sottovalutato ma di fondamentale importanza. Ma perché mai: quali sono i motivi che spingono le agenzie a mantenere impersonali e scialbe le bacheche? Le agenzie immobiliari si trovano ad affrontare il dilemma di come presentare i propri annunci e le opportunità di vendita in modo efficace, e la vetrina rappresenta proprio un punto di partenza.

Però molte vetrine perdono l’opportunità di sedurre e coinvolgere i potenziali clienti: i motivi sono molteplici e meritano un’attenta considerazione.

Le vetrine, ed è un vero peccato, appaiono anonime, riempite da foto dei palazzi ripresi dall’esterno, che quasi sempre ritraggono edifici che appaiono poco attraenti o addirittura fatiscenti: invece è importante mostrare la gamma di proprietà che l’agenzia ha a disposizione, e queste immagini non fanno altro che respingere invece di attrarre i potenziali acquirenti.

Anche quando troviamo vetrine luminose e apparentemente eleganti, purtroppo si concentrano più sull’edificio stesso che sugli appartamenti in vendita, e ciò crea una disconnessione tra ciò che il cliente cerca e ciò che gli viene presentato: gli acquirenti desiderano vedere l’interno delle proprietà, immaginare la loro vita in quegli spazi, e le vetrine non devono trascurare questo aspetto fondamentale.

E poi quei cartelli! Nella vetrina vengono spiattellate informazioni troppo sommarie e confuse, manca una logica nella presentazione dei contenuti e i dati essenziali sono sparsi in modo disorganizzato: rendiamoci conto che questo delude i clienti, che molto probabilmente apprezzano e cercano una visione chiara delle opportunità disponibili.

Un elemento chiave assente nelle vetrine delle agenzie immobiliari sono i render degli appartamenti e le ipotesi di ristrutturazione: gli acquirenti spesso desiderano vedere come una proprietà potrebbe essere migliorata o personalizzata, ma l’assenza di queste rappresentazioni visive sottrae un’immagine chiara del potenziale di una casa e non incoraggia all’acquisto.

Per migliorare il rapporto tra l’agente immobiliare e la vetrina dell’ufficio, è necessaria, secondo me, una metamorfosi, con un deciso adattamento alle esigenze specifiche del cliente, sia una famiglia, sia una coppia giovane, sia un disabile, sia.. chiunque esso sia.

E allora, care agenzie, dedicate uno spazio significativo alle foto, quelle belle, è chiaro, degli interni delle proprietà, perché queste immagini devono mostrare gli spazi abitativi in modo invitante e accattivante, e organizzate le informazioni in modo logico e chiaro, visto che in vetrina bisogna trovare già i dettagli completi sulle proprietà, specialmente le dimensioni, quelle vere, quelle delle superfici calpestabili, il numero di stanze, dei servizi e il prezzo, in modo trasparente e cristallino.

E sfruttate questa benedetta tecnologia per migliorare la vostra vetrina! Schermi interattivi o vetrine digitali offrono un’esperienza più appassionante e non ti fanno schiodare via dopo pochi istanti.

Rinnovate il rapporto con la vetrina del vostro ufficio, trasformandola in un potente strumento di marketing: la chiave sta nell’adattare la presentazione degli immobili alle aspettative e ai desideri dei clienti, offrendo informazioni complete, limpide e visivamente coinvolgenti.

 

#casa #compravendite #immobiliare #agenzieimmobiliari #mercatoimmobiliare #venditaimmobili #affittoimmobili #soldi #condominio

info@ingegneriaesicurezza.com

Dobbiamo tutti studiare!

E seduti comodi sul divano ascoltiamo di lavoratori che muoiono, di altri che si fanno male in maniera seria, di altri che sono stressati, di altri che si prendono denunce per aver trattato male colleghi e colleghe, di operai schiacciati, o che cadono da un ponteggio, o che vengono intrappolati con un braccio dentro un rullo e… vabbè, mi fermo qui.

Sarebbe bello con uno schiocco delle dita, magari uno schiocco divino, mettere fine a questa carneficina, alla quantità enorme di feriti e morti sul lavoro, senza parlare di tutte le malattie professionali legate alle attività che si svolgono mentre facciamo il nostro dovere lavorativo.

Invece quello schiocco non c’è e non ci sarà mai, e quello che è nelle possibilità umane è cercare di limitare i danni e imparare a lavorare con il massimo della prudenza, capendo cosa facciamo, come dobbiamo farlo, con quali precauzioni, con quali misure di sicurezza.

Imparare, si, ma come? Con la formazione: è l’unica arma per evitare di essere scaraventati impreparati e inconsapevoli in cantiere, in fabbrica, in ufficio, insomma, in qualunque posto di lavoro, affinché tutti i dipendenti abbiano l’opportunità di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per svolgere il proprio lavoro in sicurezza.

La formazione inerente alla sicurezza sul lavoro è un imperativo per la prevenzione degli infortuni, in ogni azienda. Attraverso questo processo didattico vengono trasferite conoscenze e procedure essenziali per acquisire competenze che consentano di svolgere attività in modo sicuro.

In Italia, l’obbligo di fornire formazione ai lavoratori è sancito dall’articolo 37 del Decreto Legislativo 81/2008, che stabilisce chiaramente che il datore di lavoro è responsabile di fornire una formazione adeguata ai suoi dipendenti sulle questioni relative alla sicurezza sul lavoro, indipendentemente dal settore di attività e dalla dimensione: questo significa che tutte le imprese, che abbiano almeno un lavoratore, sono tenute a garantire una formazione adeguata, senza alcun costo per i lavoratori e durante l’orario lavorativo.

La formazione dei lavoratori deve rispettare requisiti specifici e contenuti ben definiti. Questi requisiti sono stabiliti sia nel Decreto Legislativo 81/08 che nell’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011.

Tutti i lavoratori sono tenuti a seguire un percorso formativo che presenta due livelli: un modulo di formazione generale, di durata minima di 4 ore, simile per tutti i lavoratori, indipendentemente dal settore di appartenenza dell’azienda, e che copre le nozioni fondamentali di sicurezza sul lavoro e fornisce le basi per prevenire gli infortuni, poi un modulo di formazione specifica, mirato ai rischi specifici dell’attività lavorativa e alle procedure di lavoro, comprese le situazioni di emergenza.

La durata minima della formazione specifica varia a seconda dei rischi legati alle mansioni e alle caratteristiche del settore dell’azienda, 4 ore per aziende a Rischio Basso, ad esempio uffici e attività artigianali, 8 ore per aziende a Rischio Medio, come l’agricoltura e la scuola, 12 ore per aziende a Rischio Alto, come le industrie, le costruzioni e la sanità.

L’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 stabilisce anche l’obbligo del datore di lavoro di fornire un aggiornamento della formazione in materia di salute e sicurezza a tutti i lavoratori.

Ogni 5 anni i lavoratori devono effettuare un aggiornamento di durata minima di 6 ore, in modo da assicurare di stare sempre al passo con le ultime normative e procedure in materia di sicurezza sul lavoro.

Il passo successivo, di cui non si può fare a meno, è l’addestramento: la teoria della formazione, se non si mette in pratica con l’addestramento, si perde prima o poi nei meandri della nostra mente, e si rischia di rendere arido e inutile quello che abbiamo imparato in aula o davanti allo schermo di un computer.

E allora formazione, informazione e addestramento si traducono in conoscenza delle procedure di sicurezza e delle regole sul posto di lavoro, consapevolezza dei rischi, uso corretto dell’attrezzatura, comportamenti sicuri e prudenti: la conseguenza sarà la riduzione degli infortuni, la riduzione dei costi associati agli incidenti, l’incremento della produttività e una migliore reputazione aziendale.

Mettiamocelo bene in testa: la formazione in materia di sicurezza sul lavoro è essenziale per prevenire infortuni, proteggere i lavoratori e promuovere un ambiente di lavoro sano e sicuro: le aziende devono considerarla come una priorità assoluta, un investimento, proprio come se si trattasse di un macchinario all’avanguardia di cui non si può fare a meno.

#formazione @sicurezzasullavoro #incidenti #addestramento #accordostatoregioni #rischio #lavoro

info@ingegneriaesicurezza.com

Non ci salgo!

Oggi andiamo in cantiere e guardiamo in alto, con operai che camminano, lavorano e si muovono con gli attrezzi del mestiere anche a molti metri da terra, su piani e scalette che ci fanno venire le vertigini solo a guardarli.

Qualcuno può pensare che la realizzazione di un ponteggio sia un processo semplice, ma in realtà è un’attività articolata che richiede attenzione ai dettagli e competenze tecniche.

Quando si tratta di lavori edili, la realizzazione di ponteggi è un’operazione comune, ma spesso trascurata in termini di progettazione: questa non è solo importante, ma assolutamente obbligatoria quando ci si trova di fronte a situazioni non standard o complesse.

È un aspetto spesso sottovalutato, ma va considerato con la massima attenzione, poiché ha un impatto diretto sulla sicurezza del cantiere: i ponteggi sono elementi essenziali nel settore delle costruzioni e delle ristrutturazioni, che garantiscono il corretto svolgimento dei lavori.

Un progetto accurato prima dell’installazione è essenziale per garantire la stabilità strutturale, la resistenza agli agenti atmosferici e la sicurezza dei lavoratori e dei passanti: il progetto include informazioni dettagliate sul tipo di ponteggio da utilizzare, la posizione delle staffe di ancoraggio, i punti di accesso, le protezioni laterali.

Inoltre, il progetto deve prevedere la gestione delle emergenze, come la prevenzione delle cadute e le procedure di evacuazione.

È importante sottolineare che un progetto accurato per i ponteggi richiede capacità tecniche specializzate e la conoscenza delle normative di sicurezza e di costruzione applicabili: è consigliabile, per dirla facile, affidarsi a professionisti qualificati, come ingegneri strutturali o esperti nel settore dei ponteggi, per sviluppare il progetto in conformità alle norme di riferimento, e soprattutto per far lavorare al sicuro gli operai

In caso di occupazione del suolo pubblico, poi, le autorizzazioni per l’installazione dei ponteggi sono un requisito fondamentale per adeguarsi alle regole locali: si richiede una autorizzazione alle autorità competenti, i vigili urbani, che effettuano una valutazione approfondita del progetto, analizzando i rischi e le misure di sicurezza adottate.

Una corretta pianificazione e progettazione dei ponteggi non solo garantisce la sicurezza dei lavoratori, ma anche un flusso di lavoro efficiente e una riduzione dei tempi di realizzazione: un progetto ben eseguito tiene conto dei vincoli dello spazio di lavoro, delle necessità specifiche del cantiere e delle peculiarità dell’edificio stesso, consentendo una migliore organizzazione e ottimizzazione delle risorse.

E allora lavoriamo con la consapevolezza che l’incolumità è il valore più grande di un lavoro ben fatto: un ponteggio progettato correttamente offre un ambiente di lavoro sicuro, riducendo il rischio di incidenti o cadute, tenendo conto anche del peso da sostenere e delle condizioni climatiche.

Un ponteggio ben progettato aumenta l’efficienza del cantiere, consentendo agli operai di accedere facilmente alle aree di lavoro, riducendo periodi morti e migliorando la produttività: è un bel risparmio, tra l’altro, di tempo e denaro, perché una progettazione accurata significa che il ponteggio sarà costruito una sola volta, senza la necessità di modifiche costose o ritardi dovuti a problemi imprevisti.

 

#Ponteggi #Progetti #SicurezzaLavoro #Normative #ProfessionistiQualificati #EdiliziaSostenibile #LavoroSicuro

info@ingegneriaesicurezza.com

Pari e patta

La parità di genere è un principio fondamentale che promuove l’uguaglianza tra uomini e donne in tutti gli aspetti della società, economia, istruzione, salute, politica, compreso il mondo del lavoro: per garantire una cultura aziendale inclusiva e contrastare la diversità di genere, le organizzazioni stanno sempre più adottando sistemi di gestione specifici.

I paesi più evoluti da questo punto di vista stanno a Nord, e sono Islanda, Norvegia, Svezia e Finlandia, ma nessuno al mondo ha ancora schiacciato la differenza tra uomini e donne riguardo ai temi inerenti al gender gap: su 156 nazioni prese in considerazione l’Italia è al 63° posto in classifica, ma se osserviamo il tema economia, legato al mondo del lavoro in ogni suo aspetto, siamo solo al 114° posto.

A marzo del 2020, l’Unione Europea ha presentato il documento Gender Equality Strategy 2020-2025, che detta proprio la strategia per la parità di genere, con obiettivi e misure fondamentali ritenuti necessari per conseguire la parità di genere entro il 2025: l’Italia ha recepito questa direttiva tramite il Ministero delle Pari Opportunità già da luglio 2021, e per le aziende che ottengono la Certificazione di parità di genere sono previsti sgravi contributivi e punteggi maggiori nella partecipazione a bandi pubblici.

Uno dei sistemi di gestione studiati è basato sulla Prassi di Riferimento UNI PDR 125:2022, che introduce l’uso di indicatori chiave di prestazione, i KPI, per valutare e migliorare le politiche relative nelle organizzazioni: esaminiamo come questi strumenti possono aiutare le aziende a promuovere l’uguaglianza di genere.

La UNI PDR 125-22 fornisce un quadro strutturato per la creazione, l’implementazione e la valutazione delle politiche di uguaglianza di genere, per aiutare le imprese a identificare, affrontare e monitorare le disuguaglianze nelle loro attività.

I KPI, ovvero gli indicatori chiave di prestazione, svolgono un ruolo cruciale nell’attuazione efficace delle politiche di parità di genere, perché misurano l’andamento delle iniziative volte a promuovere la parità e forniscono dati quantitativi per valutarne il progresso: vediamo alcuni esempi di KPI legati alle politiche di parità di genere.

Percentuale di donne in posizioni di leadership: questo KPI misura quanti dirigenti di sesso femminile ci sono in posizioni di responsabilità all’interno dell’organizzazione, considerando che un aumento di questa percentuale indica un progresso verso l’uguaglianza di genere.

Differenze salariali di genere: si analizzano le differenze retributive tra uomini e donne all’interno dell’organizzazione, dove una riduzione di queste differenze indica un maggior livello di equità salariale.

Tasso di assunzione e promozione di donne: si controlla quanti uomini e donne vengono assunti o promossi in posizioni chiave, visto che un equilibrio tra i sessi in queste decisioni è un segno positivo.

Per utilizzare con successo i KPI nelle politiche di parità di genere, le organizzazioni devono seguire alcuni passi chiave nel proprio processo di valutazione.

Prima di tutto la definizione degli obiettivi, chiari e realistici per quanto riguarda la parità di genere, poi la raccolta dati, accurati e affidabili, per monitorare i KPI, l’analisi dei risultati, grazie ai dati raccolti che devono essere regolarmente analizzati per identificare tendenze e aree in cui sono necessari perfezionamenti, e infine le azioni correttive e i miglioramenti: sempre sulla base dei dati, le organizzazioni devono prendere contromisure per affrontare le disuguaglianze di genere e raggiungere gli obiettivi stabiliti.

L’uso dei KPI nelle politiche di parità di genere è essenziale per valutare il progresso e garantire che le azioni intraprese abbiano un impatto positivo: attraverso l’implementazione di questi strumenti e l’impegno continuo, le aziende possono contribuire a creare ambienti di lavoro più equi e inclusivi per tutti, indipendentemente dal genere.

Non sottovalutiamo il fatto che la certificazione dell’azienda per la UNI PDR 125-22 è sempre più richiesta dalle imprese lungimiranti, anche perché è già entrata nella lista dei requisiti per la partecipazione a gare pubbliche: ma lo scopo va oltre, e si cerca di consolidare il nuovo modello della parità di genere nel tessuto stesso delle organizzazioni, creando un reale cambiamento culturale.

Quindi facciamoci un nodo al fazzoletto e diamoci appuntamento al 2025 per vedere i risultati, sia qui da noi sia nel resto d’Europa: per l’Iran e paesi simili abbiamo, per forza di cose, meno influenza diretta sulla condizione delle donne, e l’unica arma è opporsi, divulgare, trasmettere, parlarne quanto più possibile, per strada, nei media, negli eventi dedicati, nella consegna di premi Nobel!

A Claudia Golin è stato conferito il premio Nobel per l’economia, per i suoi studi sulla disparità di genere nel mondo del lavoro, e questa è una notizia che piace a chi si batte per i diritti delle donne e per l’eliminazione del gender gap.

Ma se tutto rimane su carta non serve a niente: l’impegno per l’uguaglianza di genere non deve essere visto come un’iniziativa temporanea, ma come una parte integrante della missione aziendale: il monitoraggio costante dei progressi e l’adattamento alle mutevoli esigenze sono essenziali per mantenere la trasformazione nel tempo.

#gendergap #dirittidelledonne #125/2022 #PremioNobel #europa #certificazione

info@ingegneriaesicurezza.com

Grazie, ma faccio da solo!

Spesso, quando dobbiamo realizzazione di un progetto, ci troviamo di fronte a una scelta cruciale: affidarci a una consulenza tecnica o tentare di intraprendere il percorso da soli. La frase “come fai a realizzare un progetto senza aver un ingegnere accanto?” coglie perfettamente il dibattito su questo argomento. In questo articolo, esploreremo le sfide e le opportunità di realizzare un progetto senza il tecnico di fiducia.

È innegabile che la consulenza tecnica offra numerosi vantaggi: gli esperti del settore hanno conoscenze e competenze specifiche che sono fondamentali per il successo di un progetto. Sono in grado di fornire una prospettiva esterna e obiettiva, valutare fattibilità, rischi e opportunità, e offrire soluzioni tecniche e strategiche mirate.

Teniamo sempre a mente che la consulenza tecnica può aiutare a evitare costosi errori e ritardi, garantendo un processo più efficiente e una migliore qualità del lavoro.

Però ci sono situazioni in cui non è possibile o pratico ottenere una consulenza tecnica, magari pe una questione di limiti di budget o di risorse, o semplicemente una scelta intraprendente per sviluppare competenze personalmente: e allora, se è questo il caso, è importante affrontare alcune sfide chiave e sfruttare le opportunità che si presentano.

La prima sfida è l’acquisizione di conoscenze e capacità tecniche necessarie per il progetto, perché, senza una consulenza esperta, sarà basilare investire tempo e sforzi nella ricerca e nello studio del settore appropriato. E allora rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo l’accesso a risorse come libri, corsi online, tutorial o collaborazioni con esperti occasionali. Banale a dirlo, ma è indispensabile essere disposti a imparare, adattarsi e sviluppare una buona comprensione dei concetti tecnici. quelli rilevanti e quelli che ci sembrano marginali.

Realizzare un progetto senza assistenza tecnica specialistica offre opportunità significative, perché è un’occasione per conquistare nuove consapevolezze e nuove nozioni, ampliando così la propria base del sapere. Questa esperienza ci porta direttamente a una maggiore fiducia nelle proprie capacità, e magari alla possibilità di assumere ruoli di leadership in progetti futuri in team.

Una seconda sfida è la gestione dei rischi: se facciamo da soli un progetto, sicuramente è più difficile identificare e valutare i rischi associati, per anticipare i potenziali problemi e stabilire programmi di azione. Questo richiede una rigorosa pianificazione, un’analisi dettagliata dei requisiti richiesti, ma anche una valutazione onesta delle proprie capacità e dei propri limiti, nella massima umiltà: in questa situazione sono la comunicazione aperta e la collaborazione con altre persone da coinvolgere la chiave per evitare fallimenti clamorosi.

Senza ombra di dubbio la realizzazione di un progetto senza l’aiuto di un esperto può essere un’opportunità per costruire una rete di contatti e collaborare con altre persone che condividono gli stessi interessi e obiettivi: per questo è importante cercare comunità online, gruppi di discussione o eventi in cui è possibile scambiare informazioni ed esperienze con altre persone.

Avete presente i bambini, quando gli date una corda, e con la loro fantasia la utilizzano in modi stravaganti che a noi neanche lontanamente ci sarebbero venuti in testa? E invece di saltarci, secondo tradizione, la fanno diventare il cerchio di centrocampo per una partita di pallone, o un cavo appeso tra due montagne su cui camminare in equilibrio? Ecco, la mancanza di consulenza tecnica può incoraggiare un pensiero innovativo e creativo: quando si è liberi dagli schemi e dalle restrizioni, si possono trovare soluzioni non convenzionali che portano a risultati sorprendenti, perché la sfida di risolvere problemi complessi da soli stimola la creatività e la motivazione personale.

Se posso dire la mia, trovate motivazione nelle vostre capacità, che già avete dentro di voi! E poi, magari per approfondire, per studiare meglio, seguite pure uno di quei corsi motivazionali, che, sembra, sono in grado di incoraggiare la gratificazione, scatenare il guerriero che è in noi, stimolare la felicità, invogliare all’impegno e di dimostrare i possibili metodi universali per il successo.

#progetto #design #consulenza #budget #team #creatività #motivazione

info@ingegneriaesicurezza.com