Ancora con le Agenzie?

Benvenuti a “Ancora con le agenzie?”, la nuova rubrica dedicata al mondo delle agenzie immobiliari. Siamo qui per offrirvi informazioni approfondite e consigli pratici sulle materie riguardanti questo affascinante settore.

Sappiamo che l’acquisto, la vendita o l’affitto di una casa possono essere momenti emozionanti e complessi. Attraverso questa rubrica, ci impegniamo a guidarvi nel labirinto delle pratiche immobiliari, fornendovi una panoramica completa sui processi, le normative e le migliori pratiche da seguire.

” Ancora con le agenzie ” coprirà un’ampia gamma di argomenti, tra cui la valutazione degli immobili, la stesura di contratti, le strategie di marketing immobiliare e le tecniche di negoziazione. Approfondiremo anche le ultime tendenze nel settore immobiliare, come gli investimenti immobiliari, le tecnologie innovative e le opportunità emergenti.

Questa rubrica è rivolta a tutti coloro che sono coinvolti nel settore delle agenzie immobiliari, dai professionisti agli aspiranti agenti immobiliari. Che siate agenti immobiliari esperti o nuovi arrivati nel settore, troverete risorse e consigli che vi aiuteranno a navigare nel mercato immobiliare in continua evoluzione.

Ci auguriamo che “Ancora con le agenzie?” diventi la vostra fonte di fiducia e ispirazione nel mondo delle agenzie immobiliari. Restate sintonizzati per i nostri articoli informativi, interviste con esperti del settore e approfondimenti su argomenti chiave. Insieme, affronteremo le sfide e sfrutteremo le opportunità che il settore immobiliare ha da offrire.

Siamo qui per accompagnarvi nel vostro percorso immobiliare e per aiutarvi a raggiungere i vostri obiettivi. Preparatevi ad esplorare il vasto mondo delle agenzie immobiliari con “Ancora con le agenzie?“.

 

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Meno tasse per tutti?

Dopo “meno tasse per tutti”, dopo “più lavoro per tutti”, dopo “più salute per tutti” sbarca nell’immaginario collettivo lo slogan “tasse uguali per tutti”.Si commentano allora in TV le differenze di tassazione tra liberi professionisti e lavoratori dipendenti.Si vedono sui social iperboli accalorate sulla necessità di una tassazione uguale tra le due realtà lavorative.Mettiamo un punto fisso: le grandi realtà, quelle che fatturano centinaia di migliaia di euro, milioni di euro, devono pagare tasse proporzionate, ed è questo il calcolo che ci si aspetta da un governo equanime.Mettiamo un altro punto fisso: i guadagni in nero devono essere eliminati, e qui discutiamo sia dei liberi professionisti con clienti che preferiscono non pagare l’Iva, sia dei lavoratori dipendenti, quando fanno qualche lavoretto extra o percepiscono qualche mazzetta, se hanno posizioni lavorative che glielo permettono.Fissati questi due punti cruciali, parliamo dei lavoratori dipendenti onesti  e degli onesti liberi professionisti.I liberi professionisti con un piccolo studio tecnico, il più delle volte da soli a essere il commerciale, il marketing, l’amministrativo e il tecnico.Nelle doverose considerazioni sulla tassazione equa teniamo presente i seguenti nodi.Il lavoratore dipendente può mettersi in malattia e percepire lo stesso lo stipendio.Il professionista non può permettersi di ammalarsi, o di rompersi una gamba a calcetto, perché ogni ora che non lavora è un mancato guadagno e un cliente che si perde.Il lavoratore dipendente una volta uscito dall’ufficio o dal posto di lavoro si mette il lavoro alle spalle: la sua paura è quella di poter essere licenziato.
Il professionista lavora h24, e quando dorme ha il pensiero del lavoro ancora da completare, da prendere, come acquisire clienti, quali servizi offrire. E tutto da solo, con alle spalle solo sé stesso.Il lavoratore dipendente ha la tredicesima, e se gli va bene anche la quattordicesima e oltre.Il libero professionista ha solo le sue fatture, con picchi positivi e picchi negativi nel corso dell’anno: ad agosto e a dicembre il più delle volte non guadagna niente.Il lavoratore dipendente ha dietro di sé l’azienda, l’impresa, l’ente in cui lavora, lo stato se è uno statale, a qualunque livello: le sue responsabilità sono limitate, a meno che non commetta un reato provato, corruzione, concussione, abuso d’ufficio per dirne alcuni eclatanti.Il libero professionista ha la responsabilità personale, civile o penale, ogni volta che mette una firma e un timbro.L’agenzia delle entrate, il Comune, il Catasto, il Genio Civile, non vanno dal lavoratore dipendente a richiedere giustificazioni di un atto, ma vanno dal professionista dopo anni a richiedere prove documentali che il professionista è tenuto a conservare sperando che il proprio archivio non vada perso, bruciato, allagato, e il proprio computer, per l’eternità, non subisca danni.Il libero professionista per poter lavorare deve avere obbligatoriamente una propria assicurazione professionale, che paga profumatamente. 

Il lavoratore dipendente non ne ha bisogno, se non le assicurazioni stipulate per propria scelta, come quella sulla vita o per un fondo pensionistico supplementare.

Il libero professionista ha l’obbligo di aggiornarsi con corsi di formazione continua, tutti gli anni, per ottenere i crediti formativi obbligatori, pena la decadenza del proprio diritto di esercitare la professione.

Il lavoratore dipendente, semplicemente, no.Il lavoratore dipendente va in vacanza e si porta il proprio telefonino per divertirsi, e raramente è richiamato in azienda, se non per massime urgenze.Il libero professionista si deve portare il telefono e il computer per ogni evenienza, perché non rispondere a un cliente può significare perderlo.Quanto vale allora la libertà di lavorare solo 8 ore, o magari arrotondare con qualche ora di straordinario, e poi sentirsi libero fino all’indomani?Ecco, il professionista questa libertà non ce l’ha.

Semplicemente, facciamo i conti, con qualche considerazione oggettiva, e diamo un peso a queste differenze. 

 

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I come immobiliare 010

Quando a scuola ci insegnano matematica possiamo star certi che dal polo Nord al polo Sud, in Umbria o a Palermo, a Roma come a Milano un’addizione fornisce sempre lo stesso risultato: 78+57=135.

Diventiamo grandi e decidiamo a un certo punto di avere a che fare con gli immobili. E ci troviamo di fronte al problema di come valutare il loro valore, cosa dire ai proprietari e agli acquirenti: perché quella casa vale 248.000 €?

L’estimo: questo mistero! L’estimo nasce per dare strumenti di valutazione di beni che non possono avere un valore oggettivo, unico. Il loro valore deve essere deciso dal valutatore, su una base oggettiva ma con risultato soggettivo.

Ciò che si può fare, visto che le differenze di valutazione non possono essere troppo ampie, altrimenti la valutazione sarebbe ridicola, è ridurre gli strati di soggettività e ridurne il range di valori possibili.

La prima esigenza di stimare un bene ha interessato i terreni agricoli, per ovvie ragioni storiche: l’estimo rurale, per valutare il valore di un terreno agricolo e le coltivazioni ammissibili. La storia ha poi portato all’esigenza di un estimo civile, che interessa beni immobili, l’estimo industriale, per valutare attrezzature e linee di produzione,  fino alle valutazioni di impatto ambientale, sempre più importanti nella nostra società.

L’estimo civile trova la sua origine nella necessità di risolvere problemi di titolarità e consistenza riguardo costruzioni e terreni: le battaglie per il possesso hanno generato il bisogno di capire per cosa e per quanto si stava combattendo!

Ma chi poteva risolvere queste questioni? Ecco che nasce l’estimatore, il valutatore, imparziale ed esperto, con competenze tecniche  opportune.

Per valutare bisogna giudicare, e giudicare con un metro di giudizio la cui unità di misura è il vil soldo, il denaro, il sesterzio, la sterlina, il dollaro o… come si chiama? Ah, sì: l’euro!

Ricapitoliamo:  un perito traduce le sue congetture e i suoi dati di rilevazione nella  stima di un bene economico  e ne stabilisce  il valore in moneta. Poi arriva un altro perito e determina un altro valore. Scopo dell’estimo è avvicinare quanto più possibile le due stime! Come? Definendo un metodo, un procedimento univoco che lasci poco spazio alle interpretazioni soggettive.

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s come sicurezza 013

Sembra assurdo, ma ancora oggi dobbiamo fare i conti, sul lavoro, con la differenza di sesso: stipendi bassi, compiti di livello inferiore, prepotenze, mortificazioni.

L’ambiente di lavoro è storicamente maschile, da sempre: se le donne avessero avuto, da sempre, mansioni di responsabilità, funzioni decisionali, compiti importanti la situazione oggi sarebbe diversa.

In meglio, ma non so quantificare quanto meglio, e non so identificare questo meglio: ma magari non staremmo ancora a parlare di minigonne e di capelli lunghi o corti, né tantomeno di burka, né di licenziamenti per maternità, né di quote rosa.

Tra i rischi da valutare nell’ambiente di lavoro un capitolo importante, è vero, è quello che riguarda le donne in stato di gravidanza, ma non basta, non può bastare.

I rischi connessi alla esposizione agli agenti chimici per le donne che aspettano un bambino costituiscono una sezione specifica della valutazione dei rischi imposta dal D. Lgs. 81/08, ma la realtà è che troppo spesso tutta la valutazione dei rischi sia considerata dal datore di lavoro carta straccia, e che tale sia anche, e soprattutto, la parte riguardante le donne.

È inammissibile, e folle, pensare che questa percezione della disuguaglianza sarò, purtroppo, persistente e immutabile per chissà quanto tempo, nell’ostinata convinzione, nella testarda certezza, nel principio indelebile che l’uomo debba dominare sulla donna.

Continuiamo a lottare finché questa lotta sarà un debole ricordo, finché ci sembrerà preistorico ricordare soprusi e ingiustizie subiti dalle donne negli ambienti di lavoro.

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s come sicurezza 012

Quando sentiamo parlare di sicurezza sul lavoro il nostro cervello ci porta a immaginare il cantiere edile, un posto pieno di polvere e rumore, pieno di operai in canottiera con la sigaretta in bocca, con il casco buttato da qualche parte e macchine che vanno e vengono in un caos assordante.

Fortunatamente oggi è raro imbattersi in una simile situazione, ma la questione della sicurezza si spinge ben oltre l’ambito delle costruzioni.

La sicurezza riguarda tutti gli ambienti lavorativi, perché la protezione della salute, e della vita, è una responsabilità universale: sia che stiamo facendo uno scavo per le fondazioni di una palazzina, sia che stiamo in una bottega artigiana per la lavorazione del legno, sia che stiamo passando la piastra alla nostra cliente per una bella messa in piega.

Ma anche se il nostro lavoro consiste nello stare seduti quasi tutto in un ufficio: rischi e pericoli sono presenti sempre quando lavoriamo, e dobbiamo sentirci al sicuro non solo sotto una gru con carichi oscillanti, ma anche mentre prendiamo il caffè nella nostra agenzia immobiliare o mentre usiamo i bagni della nostra banca.

Cosa significa stare al sicuro? Significa che chi ne ha la responsabilità abbia valutato tutti i rischi a cui siamo esposti durante il giorno, e abbia fatto di tutto per ridurli al minimo. E ci abbia spiegato, mostrato, indicato e illustrato tale valutazione.

Solo così, prevedendo e prevenendo, si può limitare la probabilità che mentre lavoriamo ci possa essere un incidente.

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s come sicurezza 011

Dal 1955 a oggi, e così sarà per sempre, l’Italia ha sfornato normative potenti nel settore della sicurezza sul lavoro, norme per prevenire gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

L’attenzione rivolta al settore non ha trovato applicazione puntuale da parte dei datori di lavoro e degli stessi lavoratori: tutti si sono accorti del problema nel momento del bisogno, nel momento dell’incidente, nel momento del manifestarsi di una patologia.

E tutto quello che sulla carta sembrava ancor più bello della Costituzione Italiana non veniva messo in pratica, come a rimanere un esercizio accademico di analisi del problema.

Il tempo imperfetto però si deve però sostituire con il tempo presente, e molto probabilmente con il tempo futuro: le lacune nell’applicazione dei principi della prevenzione degli infortuni erano, sì, ma lo sono tutt’oggi e lo saranno per tanto, troppo tempo.

E gli infortuni ci saranno sempre, e continueremo a scandalizzarci quando al telegiornale si racconterà di un operaio schiacciato, di una caduta mortale da un ponteggio, di un cancro ai polmoni per esposizione continua ad agenti nocivi.

Ma dobbiamo cambiare drasticamente il nostro modo di interpretare il problema: valutare i rischi in un ambiente di lavoro e mettere al sicuro i nostri lavoratori è un dovere morale e civile prima di essere un obbligo di legge.

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S come sicurezza 010

Considerare la valutazione dei rischi come un costo è per un imprenditore una sconfitta in partenza. Qualunque sia la sua attività: che sia un ufficio, un parrucchiere, un fruttivendolo, un meccanico, un barista, un armatore, un istruttore in palestra o un commerciante al dettaglio.

Correre ai ripari in fretta e furia richiedendo online un DVR al volo, così come richiedere attestati di formazione “veloci”, accorgersi che sul lavoro esistono dei rischi solo quando accade qualcosa di grave, tanto o poco grave che sia.

Eppure basta poco per dormire sonni tranquilli: organizzarsi per tempo, e se ancora non lo abbiamo fatto facciamolo subito!

Programmare la prevenzione e ridurre i rischi non perché ce lo impone la legge, ma perché vogliamo tornare a casa sani e salvi dopo una giornata di lavoro: noi e chi con noi lavora.

Le disposizioni sanzionatorie dell’ 81/08 passano in secondo piano se cambiamo il modo di intendere la sicurezza su lavoro.

In Italia abbiamo il primato di attenzione normativa alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, ma ancora molti morti e innumerevoli incidenti alimentano le dolorose statistiche annuali.

Per non parlare delle malattie professionali e delle conseguenti cause legali, lunghe e costose.

Prima di pensare al riassetto e alla riforma della normativa, concentriamoci sulla organizzazione del nostro posto di lavoro: dal caos all’ordine, dal rischio alto alla salvaguardia delle persone e delle cose.

Valutiamo i rischi nel nostro ambiente: perché c’è una legge, si, ma soprattutto per noi!

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PROROGHE PROROGHE PROROGHE

PROROGHE, PROROGHE, PROROGHE SUPERBONUS !
Proroga unifamiliari?
Una buona notizia che fa rabbia, tanta rabbia.
I tecnici sono costretti quotidianamente a fare il punto della situazione con i committenti riguardo la data di inizio lavori e la relativa presentazione della CILAS per i lavori in superbonus.
Nella stessa pratica devono essere inseriti i dati della ditta esecutrice, e lo stesso deve essere fatto per il Piano di Sicurezza e Coordinamento e la Notifica preliminare da inviare ad ASL e Ispettorato del Lavoro almeno una settimana prima dell’inizio dei lavori.
Le imprese che avevano dato disponibilità per effettuare i lavori in superbonus sono in condizione di attesa per l’inizio possibile dei lavori, seppur già progettati, per motivi dipendenti dai ritardi negli approvvigionamenti dei materiali, con tempi di consegna dalla data dell’ordine molto vaghi da parte dei fornitori, situazione che ha gravemente messo in difficoltà imprese, professionisti e committenti.
Sono problemi che di sicuro sono collegati alla pandemia e purtroppo ora anche alla guerra in Ucraina.
Ma i cambi normativi continui sulla cessione dei crediti hanno bloccato anche molte piattaforme: ritardi, ritardi, e nessuna certezza anche solo per iniziare i cantieri.
Ciò esula dalla volontà di committenti, professionisti e imprese, e questo ha portato chi fa le leggi a rivedere continuamente modi e tempi: istituzioni, ordini, professionisti, associazioni e correnti politiche si sono battute e si stanno battendo aspramente per questo scopo, specialmente per le unifamiliari e assimilabili.
Tanti General Contractor hanno fatto i loro comodi e hanno preso un sacco di soldi all’inizio, quando il superbonus è nato.
Poi il legislatore ha corretto il tiro per evitare giustamente le truffe.
Però sempre troppi cavilli, troppi interpelli, troppe interpretazioni, troppe domande rimaste in sospeso, senza risposte chiare e definitive, troppi attori: Enea, Agenzia delle Entrate, Ministero dello Sviluppo Economico, ora anche il Ministero della Transizione Ecologica.
I tecnici, i progettisti si sono dovuti trasformare in commercialisti, ragionieri, fiscalisti, esperti in flussi bancari e mutui: un esaurimento nervoso perché bisogna fare la gincana tra leggi, norme, delibere, circolari, siti ufficiali, tutorial sui social, notizie ufficiose e collegamenti apocalittici tra normative e leggi contrastanti.
Una catena molto, molto fragile e molto, molto instabile tra urbanistica, edilizia e fisco.
Meglio sarebbe stato dire: “chi vuole efficientare la propria casa deve prendere un prestito ponte dalla propria banca con cui pagare le imprese, per poi riportare alla stessa banca le fatture per riprendersi i soldi del 110%, dietro equo compenso alla stessa banca per il servizio di prestito”.
In questo modo le truffe non ci sarebbero state, forse, e non ci saremmo trovati tanti committenti a dire “voglio rifarmi casa ma non voglio cacciare una lira, o, meglio, un euro”.
Per ora siamo tutti con il fiato sospeso perché le imprese non possono prendersi l’onere di iniziare un lavoro che all’inizio sembrava chiaro e cristallino nei tempi di approvvigionamento e di esecuzione, oltre che nelle modalità di cessione dei crediti e recupero in tempi certi dei soldi investiti.
Appena la situazione si sblocca potremo decidere come iniziare i lavori.
Intanto, grazie della pazienza, ai committenti, ai professionisti, alle imprese.

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Superbonus Ultimo Capitolo

L’articolo è un po’ lunghetto, perché qui non starò semplicemente ad elencare e a parafrasare i decreti: spiegherò passo dopo passo cosa fare per accedere al bonus, quali saranno i problemi reali nell’eseguire le pratiche edilizie, quali pericoli penali e fiscali ci saranno a nascondere difformità edilizie dei fabbricati, e lo sappiamo bene che otre il 90% dei fabbricati ha qualcosa che non va e non è mai stato legittimato!

Aspettavamo come la manna dal cielo i decreti del MISE e le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate, che finalmente sono arrivati. 

Ed è ormai chiaro e ben specificato nei modelli di asseverazione tecnica che per eseguire i lavori non basta l’APE pre e post-intervento, ma è necessaria la redazione del progetto energetico previsto dalla Legge 10/1991: insomma, non ricorrete agli APE on -line, che tra l’altro sono illegali.

Le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate riguardano le modalità di presentazione dei visti di conformità da parte dei CAF o dei Commercialisti alla stessa Agenza delle Entrate: la Conformità riguarda i requisiti richiesti dal Decreto Rilancio, articoli 119 e 121, per usufruire del Superbonus e Sismabonus 110% per lavori di efficientamento energetico e riduzione del rischio sismico, con l’indicazione delle asseverazioni tecniche trasmesse dal professionista all’ENEA per la congruità dei prezzi e per  requisiti tecnici necessari.

E anche il Ministero dello Sviluppo Economico ha emesso, con due decreti, denominati rispettivamente Decreto Asseverazione e Decreto Requisiti, i tanto attesi moduli di asseverazione tecnica per i SAL, minimo del 30% dei lavori, e per lo stato finale dei lavori, da presentare all’ENEA a firma del tecnico competente, per il rispetto dei requisiti tecnici e la congruità delle spese. I decreti contengono gli iter procedurali e le indicazioni per la compilazione, la trasmissione online all’ENEA, e le sanzioni, da 2.000 a 15.000 euro per dichiarazioni infedeli.

Cronologia finale: emesso il D.L. 34/2020 il 19/05/2020, convertito in legge con la L. 77/2020 del 17/07/2020 in Gazzetta Ufficiale dal 18 luglio, Decreto Attuativo Asseverazioni del MISE del 03/08/2020, Decreto Attuativo Requisiti del MISE del 06/08/2020, Circolare 24/E dell’Agenzia delle Entrate del 08/08/2020, provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 08/08/2020. E così siamo finalmente a posto.

Il bonus detrazione fiscale previsto dal D.L. 63/2013, convertito in L. 90/2013, viene aumentato dal 65% al 110%, con alcuni requisiti tecnici da soddisfare per poterne usufruire, e la detrazione è ripartita in cinque quote annuali di pari importo; e viene inserita la possibilità di cessione del credito e sconto in fattura, non contemplate prima.

Così ora è ufficiale: il beneficiario, cioè chi ha diritto alla detrazione fiscale, può optare sia per lo sconto in fattura del 100% sui lavori effettuati, con l’impresa che provvederà a sua volta al recupero del 110% come detrazione fiscale o attraverso la cessione del credito, sia per la cessione diretta del credito, cioè fatta direttamente da parte del soggetto beneficiario.

Interventi ammessi: isolamento termico delle superfici disperdenti, per un minimo del 25%, sostituzione impianti per climatizzazione invernale ed estiva e per la produzione di acqua calda sanitaria, impianto fotovoltaico, installazione di colonnine di ricarica per veicoli elettrici.

Gli interventi e le relative spese documentate devono essere eseguiti tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2021, almeno per ora.

E le banche hanno pure detto come entrano loro nell’affare, che per le banche è veramente un grande affare, visto che comprano a circa il 10% il credito d’imposta di chi effettua l’intervento. Si, vabbè, i tassi usurai, le banche comandano,  sono le banche che fanno le leggi, eccetera eccetera, però invece di un decreto salvabanche oggi i cittadini si ritrovano almeno i lavori fatti gratis. Beh, diciamo senza sborsare nell’immediato denaro: gratis finché gli stessi cittadini si renderanno conto in qualche modo che, con le tasse per pagare i fondi nostrani od europei, questi lavori qualcuno li dovrà pur pagare, a meno che non si creino dal nulla i soldi per pagare le imprese e le stesse banche. Qualche potente mago disponibile, interessato ad entrare in politica? Si faccia avanti, tanto siamo abituati ai vari “Salvo io l’Italia”.

Dal Ministero dello sviluppo economico dicono che l’Europa guarda con grande interesse il Superbonus: sapendo quanto l’Europa tiene alla salute delle banche forse si capisce il perché!

Ma veniamo a noi, agli aspetti squisitamente tecnici e fiscali.

Allora: sono un cittadino e voglio realizzare i lavori compresi nel superbonus. Quali sono i passaggi?

Primo: un tecnico esegue il progetto energetico per calcolare che con gli interventi previsti si migliori di due classi la prestazione energetica dell’edificio. Questo punto primo lo metterei appena dopo uno studio di fattibilità dell’intervento, cioè una due diligence, come spiegato per bene al successivo punto tre, perché se l’immobile non è legittimo non si può di certo procedere con il superbonus!

Secondo: si trovano l’impresa o la banca, o tutte e due, o un soggetto che offra il servizio completo di esecuzione lavori e pratiche bancarie. Deve essere aperto un conto corrente dedicato, intestato al proprietario dell’edificio, in cui la banca verserà i soldi corrispondenti alle fatture emesse ai SAL e al fine lavori, con un costo che sarà il guadagno della banca. Ma le banche stanno cercando formule e soluzioni diverse da offrire ad hoc, addirittura con piattaforme digitali dedicate.

Terzo: si presenta la pratica edilizia corretta al Comune per eseguire i lavori, e qui il tecnico deve essere del tutto competente in materia urbanistica. E attenzione, lo dico da tanto tempo: se ci sono difformità, che il tecnico deve, per forza, riscontrare, prima bisogna sanarle o eliminarle, perché altrimenti si perde il beneficio fiscale. Il Superbonus non è fine a se stesso: il testo unico dell’edilizia, vedi uno per tutti l’Art. 49, i gli stessi decreti emessi riguardanti le detrazioni fiscali, vedi uno per tutti il 41/98, indicano che in caso di illeciti edilizi le agevolazioni fiscali decadono! Quindi se c’è qualcosa che non va accertiamola prima, da bravi tecnici, saniamo il sanabile e partiamo con la pratica per il superbonus da un edificio totalmente legittimato. Se non è così rifiutate l’incarico della progettazione! Oppure fate una bella Due Diligence immobiliare e regolarizzate il tutto. E infine non dimentichiamoci dell’Agibilità: a fine lavori abbiamo trasformato l’edificio e i suoi impianti, per cui, come richiesto dal testo unico, dobbiamo richiedere una variazione del certificato di agibilità. E se il fabbricato l’agibilità non ce l’ha? Non ci voglio pensare: tutto il 110% rischia seriamente di essere una bolla di sapone, una faticaccia legislativa inattuabile per colpe pregresse di proprietari, costruttori, tecnici e amministrazioni comunali che non hanno provveduto a costruire in maniera regolare o a controllare tale regolarità. Niente: non c’è nessun legislatore che si prenda la responsabilità di emanare una legge che preveda, senza conseguenze penali e sanzionatorie, di legittimare facilmente e velocemente un fabbricato con qualche difformità di costruzione. E, lo sottolineo: non parlo di ampliamenti, di superfetazioni, di costruzioni abusive di piscine, tettoie e finti pergolati, e chi mi segue sa quanto odio queste azioni banditesche. Parlo di difformità in sede di costruzione che riguardano le facciate, la posizione delle aperture, la posizione delle canne fumarie e cose del genere, situazioni che spesso impediscono l’avvio di pratiche anche per i singoli appartamenti di un condominio se non dopo estenuanti ricerche di progetti e varianti, quando si trovano, con la consueta azione finale di una pratica in sanatoria per la facciata prima di poter procedere magari a una semplice ristrutturazione per diversa distribuzione degli spazi interni. Speriamo che sia la volta buona per scuotere una coscienza legislativa razionale ed oggettiva sull’argomento difformità del fabbricato.

Quarto: avuta l’autorizzazione del Comune si iniziano i lavori con impresa, Direzione Lavori, Coordinamento della Sicurezza, Stati di avanzamento lavori, Fine Lavori, Collaudo e variazione dell’Agibilità.

Quinto: in corrispondenza dei SAL e alla fine dei lavori, il tecnico abilitato presenta telematicamente all’ENEA, nella propria area riservata, l’asseverazione datata, timbrata e firmata, con ricevuta e codice identificativo unico, che è come dire che i lavori rispettano alla virgola il progetto, che definiva materiali e impianti, con relative pose e installazioni, e con relative spese, per raggiungere il requisito richiesto riguardo le due classi di miglioramento o la massima classe ottenibile con i possibili interventi sull’edifico. L’ENEA controlla, e, che Dio ce la mandi buona, verifica e accerta la veridicità delle asseverazioni. I controlli riguardano minimo il 5% delle asseverazioni, mentre i controlli in situ sono minimo il 10%. In caso di contestazione accertata, l’ENEA la trasmette al MISE, che provvede all’applicazione delle sanzioni pecuniarie, alla denuncia penale e alla segnalazione all’Ordine professionale. Il MISE trasmette poi le contestazioni all’Agenzia delle Entrate e al Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’avvio della procedura per la decadenza dell’agevolazione del superbonus e il risarcimento danni provocati dall’attività professionale.  Proprio per questo sono stati alzati i massimali delle polizze assicurative professionali di responsabilità civile, non inferiori a 500.000 €. Attenzione anche ai tempi: se dall’ultimo SAL trasmesso sono trascorsi 48 mesi senza ulteriore SAL o fine lavori l’ENEA comunica all’Agenzie delle Entrate la mancata conclusione dei lavori.

Sesto: se il proprietario dell’edificio non usufruisce della detrazione fiscale direttamente, l’impresa emette la fattura finale, dopo aver emesso quelle parziali ai SAL, e la porta in banca, che, a fronte di un costo del servizio, mette i soldi corrispondenti sul conto dedicato, con cui il proprietario può pagare l’impresa. Le banche troveranno di sicuro altre formule e procedure da offrire ai propri clienti.

Settimo: se il beneficiario tiene per sé il credito del 110% sono necessari i bonifici tracciati, completi di causale, codice fiscale del beneficiario, codice fiscale o partita Iva del fornitore e/o prestatore. La banca applica su tali bonifici la ritenuta d’acconto dell’8%.

Nel caso si sia optato per sconto in fattura o cessione del credito il CAF o il commercialista inviano all’Agenzia delle Entrate il visto di conformità, completo delle indicazioni dell’avvenuta asseverazione tecnica.

Il beneficiario dovrà conservare le fatture, le ricevute dei bonifici, la delibera assembleare in caso di interventi su parti comuni di edifici, le asseverazioni tecniche con trasmissione all’ENEA.

Stessa cosa per le prestazioni professionali per redazione progetto edilizio, redazione progetto energetico, direzione lavori e coordinamento della sicurezza: non sono state emanate tabelle con limiti di spesa, per cui è plausibile che i tecnici possano ritenere congrue le spese professionali indicate dal D. Min. Giustizia 17/06/2016.

Riassumendo: Lavori 100.000 €, Superbonus 110.000 €, la banca compra il credito per 8.000 €, l’impresa guadagna 102.000 €, il proprietario non ha sborsato un euro. E speriamo che tutto sia stato eseguito legittimamente in modo da non vedere un giorno una lettera dell’Agenzia delle Entrate che ci dice che non abbiamo diritto alla detrazione.

Non chiamate il solito amico: chiamate un tecnico abilitato e competente in materia energetica, edilizia, cantieristica e fiscale.

Vediamo in sintesi quali sono gli interventi previsti e le relative detrazioni:

  1. ISOLAMENTO TERMICO delle superfici opache disperdenti verticali, orizzontali e inclinate dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio o dell’unità immobiliare

Fino a 50.000 € per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari indipendenti, con accesso autonomo dall’esterno, in condominio.

Fino a 40.000 € per ogni unità immobiliare in condomini composti da due a otto unità.

Fino a 30.000 € per ogni unità immobiliare in condomini composti da più di otto unità.

 

  1. SOSTITUZIONE IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE INVERNALE, ESTIVA E PRODUZIONE ACQUA CALDA SANITARIA

Fino a 30.000 € per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari indipendenti, con accesso autonomo dall’esterno, in condominio.

Fino a 20.000 € per ogni unità immobiliare in condomini composti da due a otto unità.

Fino a 15.000 € per ogni unità immobiliare in condomini composti da più di otto unità.

 

  1. INSTALLAZIONE IMPIANTI FOTOVOLTAICI E SISTEMI DI ACCUMULO

Fino a 48.000 €, con spesa massima di 2.400 €/kWh per l’impianto fotovoltaico

Fino a 1000 €/kWh di capacità installato per  l’impianto di accumulo

L’installazione deve essere eseguita contestualmente ad uno degli interventi dei punti 1 e 2.

L’energia non autoconsumata su posto deve essere ceduta al gestore dei servizi energetici, il GSE.

  1. INSTALLAZIONE COLONNINE DI RICARICA PER VEICOLI ELETTRICI

Limite di 3000 € di spesa per ogni unità immobiliare.

L’installazione deve essere eseguita contestualmente ad uno degli interventi dei punti 1 e 2.

 

SOSTITUZIONE INFISSI E SCHERMATURE SOLARI

Se eseguita congiuntamente agli interventi previsti ai punti 1 e 2  l’intervento eredità il 110%, secondo i limiti di spesa previsti. La sostituzione infissi ha diritto alla detrazione del 110% nel caso in cui gli interventi ai punti 1 e 2 non siano realizzabili per l’esistenza di particolari vincoli paesaggistici, storici e archeologici previsti dal D. Lgs 42/2004.

Ah, dimenticavo: chi può accedere alle detrazioni definite nel Superbonus?

  • Condomìni
  • Persone fisiche su un numero massimo di due unità immobiliari
  • Istituti autonomi case popolari o enti simili, per i quali le detrazioni sono già prorogate fino al 30 giugno 2022
  • Cooperative di abitazione
  • Organizzazioni non lucrative di utilità sociale
  • Associazioni e società sportive dilettantistiche, per specifici interventi sugli spogliatoi

Ci spiace per chi possiede castelli, ville, abitazioni signorili o palazzi di prestigio, che tradotto catastalmente significa categorie A1, A8 e A9: e anche per gli immobili indipendenti destinati all’esercizio di impresa o di lavoro autonomo, a meno che non facenti parte di un condominio che usufruisce del bonus.

No, per loro non ci sono superbonus, e dovranno mettere mano al portafoglio per risparmiare in bolletta!

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le parti comuni di un edificio

Ogni tanto vediamo che le leggi vengono variate, e gli articoli presentano frasi e paroline che precisano qualche concetto o dettaglio per renderlo meno vago e nebuloso.

Così anche il codice civile si adatta e si trasforma, e. per quanto riguarda la definizione delle parti comuni di un edificio è l’art. 1117 a dettare le regole.

L’ambito di applicazione riguarda edificio composti da più unità immobiliari, i complessi immobiliari con più edifici e il supercondominio, dove cioè la struttura dei fabbricati preveda l’uso in comune di alcune parti.

Tutti i condòmini possono usare i beni comuni, a condizione che rispettino il pari diritto degli altri comproprietari e che l’uso non vada a pregiudicare la stabilità, la  destinazione e il decoro architettonico dell’edificio: queste caratteristiche devono essere rispettate anche quando si aprono o si modificano le aperture, cioè finestre, porte e porte finestra, sui muri perimetrali. 

Le parti comuni sono innanzitutto quelle comuni a tutti i proprietari delle singole unità immobiliari, e la lista non è breve: in particolare facciamo chiarezza sui muri perimetrali, che sono venduti come superficie commerciale di ogni singolo appartamento ma rimangono proprietà comune, sia che siano muri maestri, cioè portanti dal punto di vista strutturale, sia che siano tamponature.

I muri perimetrali determinano la consistenza volumetrica dell’edificio, ne tratteggiano la sagoma e l’aspetto eterno, oltre ad avere funzione di protezione dagli agenti atmosferici.

Poi nella lista compaiono il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i pilastri e le travi, nel caso di edifici con struttura a telaio, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso con relativi vestiboli, i corridoi, chiamati anditi, nonché i portici, i cortili, le aree scoperte e gli spazi verdi.

Ancora, i locali tecnici, i parcheggi, gli stenditoi e i sottotetti destinati all’uso comune.

E poi gli ascensori, eventuali pozzi e cisterne, gli impianti tecnologici, idrico, fognario, riscaldamento e condizionamento centralizzati, l’impianto di distribuzione del gas, l’impianto elettrico, compreso quello di ricezione televisiva e dati, satellitare o via cavo: sono comuni fino alla scatola di derivazione del singolo appartamento, perché da lì in poi la proprietà è esclusiva del singolo proprietario.

Quando c’è una infiltrazione causata dalla rottura di una tubazione in un bagno la colpa ricade sul proprietario dell’appartamento, a meno che la rottura non sia nella colonna di scarico da cui l’impianto dell’appartamento deriva.

E le terrazze? La terrazza a livello, se specificato correttamente nel titolo di proprietà, è di proprietà esclusiva del proprietario dell’ultimo piano, e questo succede quando quella terrazza è parte integrante, dal punto di vista strutturale, del piano cui è annessa.

Altrimenti la terrazza è parte comune, con funzione di copertura di tutta la costruzione.

E gli ascensori? In genere sono parti comuni, se installati originariamente nell’edificio: se invece è stato installato con il contributo economico di solo alcuni dei condomini allora la proprietà dell’ascensore rimane a questi.

Il regolamento di condominio precisa poi le singole peculiarità che ogni condominio può presentare, come la concessione dell’uso esclusivo, così come il titolo di proprietà specifica, se legittimo, la proprietà di alcune parti dell’edificio: succede spesso che il costruttore si riserva la proprietà di alcune parti, come ad esempio l’autorimessa o qualche locale.

Vabbè, ma con queste parti comuni che ci facciamo? Ogni condomino è tenuto a contribuire alla conservazione e alla manutenzione di queste parti, secondo le tabelle millesimali,

E come ci si deve comportare quando un condomino esegue dei lavori che trasformano l’aspetto esteriore di un edificio, ad esempio eseguendo lavori nel proprio giardino con trasformazione di verde in spazi pavimentati e cambiando aspetto e consistenza delle recinzioni?

Sicuramente la trasformazione degli spazi non è vietata, né dal regolamento di condominio né dai regolamenti edilizi, se non espressamente specificato nei vari casi, ma resta l’istituto giuridico del decoro architettonico dello stabile, che tante sentenze ha prodotto nel corso degli anni.

In definitiva l’estetica del fabbricato non deve essere stravolta da interventi edilizi, il che significa che tali interventi non devono peggiorare esteticamente la costruzione, sia su parti comuni che su parti in proprietà esclusiva.

L’amministratore è tenuto a vigilare su questo tema, e l’assemblea deve deliberare su questa materia, in modo tale da autorizzare l’intervento oppure decidere sula demolizione dell’opera o sulla quantificazione del danno, quantificabile nella diminuzione del valore di mercato che le singole unità immobiliari hanno subito a seguito del peggioramento della architettura del fabbricato.

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